Crowdfunding e agricoltura: un binomio possibile?
- sassoconsulenza
- 4 dic 2020
- Tempo di lettura: 4 min

Di Pasquale Sasso
Circa quattro anni fa usciva sul giornale britannico The Indipendent, un articolo dal titolo “perché l’economia italiana sta per collassare”. L’articolo in oggetto descriveva uno stato al quanto preoccupante, parlando di un’economia che dal 2007 si è contratta del 10 per cento, mentre il Paese sopportava una recessione “triple dip” (con tre periodi di crescita zero o negativa). La produzione si era contratta del 12-13 per cento, con una disoccupazione giovanile intorno al 40 per cento. Per non parlare poi di consumi e investimenti molto più che fiacchi. A questo si aggiungevano i problemi del sistema bancario che hanno aggravato la contrazione.
Questo ha fortemente limitato l’erogazione del credito all’economia. Infatti, mentre le aziende più grandi hanno “dribblato” il problema facendo ricorso al mercato dei capitali, la stragrande maggioranza delle PMI italiane (quelle dei distretti per intenderci e ha sempre costituito l’ossatura del Paese) non riesce a farlo, presentando delle ricadute negative sul Pil e sull’occupazione. Uno scenario quasi apocalittico, caratterizzato dal crescente indebolimento delle forme tradizionali di finanziamento, tra tutti il credito bancario, che ha reso sempre più impellente e pressante la ricerca di soluzioni alternative.
Ma da allora qualcosa è cambiato? Veramente poco, ma piccoli progetti iniziano a germogliare.
Il crowdfunding rappresenta una possibile soluzione a questo problema e costituisce, allo stesso tempo, un’innovativa modalità di partecipazione alla produzione attraverso i media digitali. Per crowdfunding, letteralmente finanziamento da parte della folla, si intende un processo di finanziamento dal basso, ovvero un processo collaborativo di raccolta fondi che avviene attraverso il web. Questo innovativo strumento, tipica espressione della sharing economy (“economia della condivisione”, che si sostituisce a quella che aveva al centro il concetto di proprietà) muove già cifre significative ed è utilizzato in campi eterogenei che vanno dal sostegno all’arte e ai beni culturali agli aiuti umanitari, al giornalismo indipendente, fino a start up di imprese innovative oltre che alla ricerca scientifica.
L’innovazione principale apportata da questo sistema rispetto ai classici metodi di finanziamento, consiste nella completa assenza di intermediari, in quanto il richiedente fondi e i possibili finanziatori hanno la possibilità di entrare in contatto diretto tra loro attraverso la comunicazione e l’informazione online. Al fine di permettere l’incontro tra idee e capitale, però, sono nate diverse piattaforme online che hanno assunto la funzione di mediatori. Il sempre più evidente potenziale del web e delle folle ha dato così inizio alla proliferazione delle future piattaforme di crowdfunding, supportate dallo sviluppo dei social network, che hanno molto semplificato il contatto e lo scambio di informazioni senza limiti spazio temporali tra utenti.
Per esempio uno dei primi casi di successo di crowdfunding, fu quello del gruppo rock britannico Marillon che nel 1997 raccolse circa 60.000 dollari per realizzare il loro tour negli Stati Uniti attraverso le donazioni online dei propri fan americani. La prima iniziativa autonoma di crowdfunding in campo culturale, invece, fu la campagna Tous Mecenes promossa dal Louvre, per l’acquisto del quadro Le tre grazie di Cranach da un collezionista privato. Per la campagna, iniziata il 13 novembre del 2010, è stato creato un sito internet ad hoc, che dava la possibilità agli interessati di fare una promessa di donazione online o tramite assegno, che sarebbe stata realmente addebitata solo una volta constatato il raggiungimento della somma di denaro necessaria all’acquisto dell’opera. Alla campagna hanno partecipato 7.000 donatori e sono stati raccolti 1,2milioni di euro.
Un esempio tutto italiano di crowdfunding applicato al patrimonio culturale è rappresentato dal progetto Made in Cloister. Attraverso il ricorso alla piattaforma Kickstarter, sono stati raccolti più di 90.000 euro in poco più di un mese, per il restauro del chiostro-lanificio di Porta Capuana nel centro storico di Napoli.
Quello del crowdfunding sembra essere un settore interessante: ma cosa succede in Italia?
Secondo un recente report della società Starteed, in Italia fino al 2019 sono stati raccolti 442.684.694 milioni di euro (nel solo 2019, 163.953.065 milioni) che hanno finanziato diversi progetti soprattutto nel settore culturale e in quello delle attività sociali e umanitarie.
Ma come è messo il comparto dell'agricoltura e dell'agroalimentare in generale rispetto a questo strumento?
In realtà, il mondo agricolo e dell'agroalimentare fino a poco tempo fa non prendeva nemmeno minimamente in considerazione l'idea di poter chiedere alla "folla", ossia semplicimente ai loro clienti (in alcuni casi fan) un supporto finanziario. Ma negli ultimi anni, qualcosa è cambiato, forse anche grazie all'ingresso nel ruolo di "capitano di impresa" di giovani laureati, formati o comunque più avvezzi al digitale rispetto ai loro genitori.
Uno dei primi casi di ricorso al crowfunding in Italia è sicuramente quello di una piccola ma esplosiva azienda vinicola siciliana, Tenuta San Giaime, situata a Gangi nelle alte Madonie. Infatti, nel 2018, Alessio Cicco giovane imprenditore agricolo decide di proporre il suo progetto sulla famosa piattaforma Indiegogo, da lì numerosi sostenitori hanno deciso di contribuire con somme di denaro al progetto. La domanda sorge spontanea: una quasi neonata azienda vinicola del sud del Paese avrebbe avuto la stessa possiblità di successo ricorrendo ai tradizionali canali di credito?
Da quel momento di acqua sotto i ponti è passata e alcune piattaforme che prima si dedicavano esclusivamente ad altri settori, hanno inserito la categoria "food e agricoltura", come Produzione dal basso. Negli ultimi due si stanno moltiplicando le campagne di equity crowdfunding promosse da società che si dedicano a qualche fase della filiera agricola, come Pralina (prodotti tipici pugliesi), Elaisian (tecnologia per la coltivazione degli ulivi) e Bloovery (spdizione di fiori).
Ma quali sono le difficoltà che incontrano queste aziende?
Sicuramente la presenza di vincoli e regolamentazioni eccessivamente stringenti potrebbero frenare lo sviluppo di questo processo in Italia. A questo si aggiunge la pressione dei concorrenti internazionali che, a fronte di una situazione allo stadio embrionale, potrebbero diventare attori leader nel mercato nazionale. Infine, la tendenza italiana di ricorrere al sistema del credito tradizionale, la scarsa cultura digitale e la poca diffusione delle forme di pagamento elettronico, potrebbero impedire al fenomeno di diventare anche nel nostro Paese, come in molti altri, una realtà stabile e fondata sulla valorizzazione e sul finanziamento di idee e progetti innovativi.
Sarebbe forse il caso che il Governo intervenga con misure concrete sull’argomento al fine di risolvere questi problemi? Ai posteri l’ardua sentenza.
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