LA RISTORAZIONE ITALIANA NEGLI USA: PARLA LO CHEF ANDREA ZANIN
- sassoconsulenza
- 27 nov 2020
- Tempo di lettura: 7 min

di Pasquale Sasso
Italia è sinonimo di qualità, soprattutto se riferito alla cucina. Per questo motivo, non è difficile trovare in giro per il mondo locali e ristoranti che espongono il tricolore, che propongono menù ispirati all’Italian sounding o, in molti casi, che tentano disperatamente di riprodurre i principali piatti della nostra cucina. I ristoranti italiani, per esempio, sono particolarmente presenti negli USA.
Una recente ricerca condotta dalla multinazonale Deloitte per conto di ALMA, i risultati della quale sono stati presentati a FICO Eataly World di Bologna, dimostra che la cucina italiana nel mondo rappresenta la seconda a livello globale dopo quella cinese, con il 13% di quota di mercato e con un volume d’affari pari a 209 miliardi di euro. La principale sfida della ristorazione Italiana è quella di adattarsi ai nuovi trend di consumo fuori casa orientati a una cucina meno codificata senza perdere quei caratteri distintivi del Made in Italy. Lo stesso studio evidenzia che la cucina italiana mostra una penetrazione più elevata in termini di numero di transazioni in USA (15%), Gran Bretagna (15%), Brasile (13%) e India (13%).
Gli Stati Uniti hanno rappresentato e rappresentano ancora nell’immaginario collettivo, il Paese dove i sogni diventano realtà e fù così anche per i tantissimi italiani che hanno deciso di lasciare tutto e affrontare quel viaggio che gli avrebbe permesso di realizzare il loro Sogno Americano. Tra questi molti ci sono riusciti, rappresentando oggi imprenditori, ristoratori e cuochi di successo. Uno di questi è lo chef veneto Andrea Zanin, un punto di riferimento della cucina italiana negli USA e consulente food per importantissimi brand italiani nel mondo, come Lamborghini e Brunello Cucinelli. Insieme a lui, ho cercato di capire lo stato dell’arte della cucina italiana negli States.
Andrea, come sono cambiate la cucina e la ristorazione negli USA?
“Gli USA sono molto ancorati alla cucina tradizionale Americana. Essi sono enormi e, in particolare, non si può confrontare New York con nessun altra città americana. La cultura della cucina italiana resta per il 90% ancorata alla tradizione italo-americana, introdotta dalla precedente generazione. Infatti, nel corso degli anni, gli italiani hanno portato la nostra cucina tradizionale e con essa pasta e pizza. Inoltre, siccome la maggioranza era dal sud Italia, ancora oggi la maggioranza del cibo “italo-americano” è dominata dal pomodoro e dall’aglio. A partire dagli anni 80, molti nostri connazionali sono venuti per spiegare e insegnare la vera cucina italiana, tra questi Tony May con il suo San Domenico, il mio conterraneo Cipriani, una vera istituzione nel mondo della tradizione italiana. Si può dire che New York sia la culla della riscossa qualitativa della vera cucina italiana; Eataly, per esempio, ha portato qui moltissimo in termini di ingredienti ed eccellenze del nostro Paese Oggi gli USA e sopratutto New York, sono la culla della nuova ristorazione; moltissimi grandi chef sono qui, facendo qualità in un continuo confronto e scambio tra tutte le culture culinarie del mondo. La cucina è cambiata tantissimo e credo che la parte qualitativa inizi a essere una buona percentuale del totale dell’offerta. Gli USA del junk food ancora esistono, ma tuttavia anche qui la qualità e l’attenzione per il buon cibo crescono e gli americani sono sempre più sensibili a questi argomenti“.
Cosa si aspetta il cliente medio in un ristorante negli USA?
“Purtroppo la quantità del cibo nel piatto è sempre importante, le porzioni e il prezzo sono una componente fondamentale. La cena è vista come un vero e proprio evento, dove il cibo la fa da padrone. Anche il vino è una componente che crea atmosfera; molti clienti fanno finta di capirne qualcosa ma in realtà non sanno distinguere le tipologie. La cena e comunque l’evento per l’americano medio, l’atmofesra del locale, la rumorosità, sono componenti essenziali per un ristorante che si rispetti. Il gusto, però, è molto appiattito e i menù sono quasi tutti uguali“.
Ci racconti la tua storia negli USA?
“La mia storia inizia da lontano. Mio nonno Edoardo venne qui nel 1913 a 17 anni. Venne da Treviso alla ricerca di un mondo nuovo e dell’oro. Infatti, trovare tutti i suoi documenti ad Ellis Island è stata per me un’emozione fortissima. Lì ho pensato che forse era destino che la nostra famiglia tornasse qui. Io sono arrivato alla stessa età di mio nonno nel 1982. Sono stato qui e in Canada, dove viveva la sorella di mio padre. Ero così giovane e così affascinato da questa cultura che non volevo tornare in Italia, ma a quel tempo il servizio militare era obbligatorio e mio padre mi impose di tornare. Ma mio zio mi disse: un giorno tu tornerai ne sono sicuro. Andai via e in Italia mi diedero il soprannome di Billy, per la mia esperienza americana. Dopo una lunga carriera approdai qui nel 2014, avevo un amico avvocato che mi portò qui per una consulenza a una grossa bakery newyorkese di proprietà di un altro mio amico. Restai per 4 mesi e poi mi fu chiesto di rimanere come amministratore delegato della bakery, viste le mie esperienze gestionali e imprenditoriali italiane. Questa esperienza mi è servita molto per comprendere il sistema legale e amministrativo di questo Paese, visto che il mio obbiettivo era di formare la mia società e aprire il mio busisness. Alla fine del 2015, ho lasciato questa posizione e hp accettato con entusiasmo di prendere parte a una nuova iniziativa “Sant’Andrea Caffè”, un ristorante italiano in Central Park South Manhatthan. Il ristorante era situato nel Bilion Mile, la più ricca e prestigiosa area di NYC. Io ero l’anima e la mente del progetto. L’iniziativa ha funzionato per quasi un anno poi loro hanno deciso di vendere la location. Per me è stata una grande esperienza in un mercato altissimo, ho portato dei piatti della tradizione mai visti in quell’area: bottarga, ricci di mare, pane carasau, prosciutto di San Daniele 24 mesi. Parmigiano 36 mesi, Molti vip erano miei ospiti, più le Istituzioni italiane. In quell’anno decisi di aprire la mia società. Nel 2017 ho acquistato una bakery a Brooklyn, che ho gestito per un anno e poi rivenduto; a fine del 2017, sono stato chiamato a gestire la Lamborghini Lounge New York. Ormai, da più di due anni gestisco questa lounge privata e con la mia cucina rappresento e interpreter, per il Brand Lamborghini, la Cucina e l’ospitalità italiana a NYC e negli eventi più importanti della casa automobilistica negli States. È un grande onore per me avere la fiducia del presidente e dell’azienda, oltre che una grande responsabilità nella gestione di questi importanti eventi. Mi occupo inoltre di un altro brand del luxury italiano, Brunello Cucinelli, curando la cucina in NYC per la società in occasione delle collezioni e negli eventi più importanti che si tengono a New York”.
In che modo proponi la tua cucina? Hai un modo che ti distingue dai tuoi colleghi?
“La mia è una cucina legata alla tradizione; piatti semplice e originali nel gusto e ricercati nella materia prima: Portare negli States il vero gusto italiano è la mia missione; ovviamente, la mia anima veneziana viene fuori nei menu. Baccalà mantecato, risotto al nero di seppia, sarde in saor, la nuova interpretazione del panino con astice. L’utilizzo della materia prima italiana, dei prodotti italiani, come l’olio extravergine di oliva, il Parmigiano, la pasta e il riso. Felicetti, Gentile, Beretta, Aquarello, sono alcune delle aziende che uso sempre nei miei menu. La mozzarella di buffala e la burrata sono presenti settimanalmente nei miei menù. Ogni chef è differente dall’altro e ha le sue particolarità. Io non mi definisco uno chef, ma sono e resto nell’animo un pastry chef; significa che sono molto preciso nel piatto e nell’esecuzione, con una presentazione che tiene sempre conto dei colori e delle texture differenti, cercando di stupire per la bontà del gusto, per il quale sono sempre stato premiato nella mia carriera“.
Come definiresti la tua cucina?
“La mia è una cucina tradizionale e che ti sorprende quando la mangi per quello che ti trasmette al palate. Forse per questo ho sempre conquistato i palati dei grandi italiani all’estero. Ti voglio raccontare un piccolo episodio: quando venni chiamato dal presidente di Cucinelli USA, mi chiese di fare un piatto a mia scelta per fare un test del gusto; beh, pensai cosa posso fare per conquistarlo? Pensai di fare i paccheri ai tre pomodori e Tiramisù (la mia ricetta premiata). Il presidente fu sorpreso dal gusto e dalla purezza del piatto, infatti, le ricette più difficili sono sempre quelle con due ingredienti dove non ti puoi nascondere o sofisticare il piatto con mille sapori. Là c’è poco da fare, o lo sai fare oppure no. Da allora, i paccheri ai tre pomodori sono un mio piatto signature, che ho fatto anche in occasione della visita e della festa di Natale 2018 per Brunello Cucinelli e i suoi dipendenti. Per concludere, la mia cucina è quella pulita e semplice senza influenze o fusion, ma con solo l’Italia nel piatto“
Su cosa stai concentrando la tua ricerca in questo periodo?
“In questo periodo sto per aprire finalmente il mio concept a Manhatthan. Sarà una bakery con la gastronomia; faremo dei prodotti tradizionali improntati al Grab And Go, in quanto sarà in un area di altissimo traffico urbano tra il Madison Square Garden e Time Square. L’obbiettivo è finalmente di portare a Mananatthan un grande concetto: la qualità italiana nella gastronomia, con la presunzione di diventare lamigliore Bakery italiana a New York City. Si tratta di un progetto ambizioso; ci sarà un bel menu con prodotti sfiziosi che raccontano l’Italia gastronomica inseriti nella quotidianità newyorkese, fatta di velocità di servizio e di frenesia. Un’oasi nella quotidianità. dove rifugiarsi con un buon cappuccino, una veneziana, focaccia farcita, panini milanesi, ciabatta polesana, focaccia di riecco e non potranno mancare molte mie ricette originali. La punta di diamante sarà “the real Tiramisù” di Andrea Zanin Da gennaio 2020 apriremo la nuova lounge Lamborghini NYC, unica lounge al mondo dove continuerò a portare le delizie della tradizione italiana. Ci tengo a ringraziare per la fiducia il Presidente di Lamborghini Stefano Domenicali, e il presidente di Brunello Cucinelli USA, Massimo Caronna. Un grazie a mia moglie Roberta e ai miei figli Camilla e Alessandro, che con me condividono questo grande sogno Americano“.
Con Andrea Zanin, abbiamo compreseo qualcosa in più della ristorazione italiana negli USA e, in particolare, che la principale sfida della ristorazione Italiana è quella di adattarsi ai nuovi trend di consumo fuori casa, orientati a una cucina sempre più vera e ricca di quei caratteri distintivi del Made in Italy.
Articolo uscito su Newsfood.com: https://www.newsfood.com/la-ristorazione-italiana-negli-usa-parla-lo-chef-andrea-zanin/
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